Frank
(Jalil Lespert) è un giovane laureato in economia che intraprende uno stage
presso l’azienda dove il padre vi lavora come operaio da trentacinque anni. Da
subito entra nelle grazie dei dirigenti mentre nei confronti di alcuni operai
viene visto come un nuovo nemico. Un giorno, mentre lavora al computer del suo
responsabile, viene a conoscenza di un piano di licenziamento che include anche
il padre. A quel punto Frank decide di scontrarsi con l’azienda per difendere
gli operai anche al costo di rinunciare allo stage.
L’opera
prima di Lauren Cantet è un’amara e attenta riflessione sul mondo del lavoro,
tema che diverrà una costante nella filmografia del regista. In particolare il
film si incentra sul problema delle 35 ore di cui molto si discusse (siamo nel
1999) anche in Italia. In “Risorse umane” il giovane protagonista prova
inizialmente entusiasmo per il suo lavoro nonostante l’assenza di retribuzione.
In seguito, resosi conto di quelle che sono le logiche aziendali, fa
un’inversione di marcia e si mette dalla parte degli operai. Buona parte degli
spettatori, soprattutto quelli più giovani di età, avranno modo di riconoscersi
in questo film che costituisce un interessantissimo esordio. Girato alla
stregua di un documentario “Risorse umane” è interpretato (fatta eccezione per
Lespert) da attori non professionisti molti dei quali (a cominciare da Jean –
Claude Vallod) operai privi di lavoro. I lavori successivi di Cantet
confermeranno e rafforzeranno il suo talento a cominciare da “A tempo pieno”,
opera contraddistinta da una grande originalità (il protagonista finge di avere
un lavoro), per proseguire con il recente “La classe”, film intriso di un
realismo così profondo da rasentare il documentario.