Carl è un anziano signore (studiato sulle fisionomie fisiche e caratteriali di Spencer Tracy e Walter Matthau) rimasto ad affrontare la vecchiaia in solitudine e a dover resistere ad un mondo che sente non appartenergli più. Quando è sull’orlo di essere portato in una casa per anziani, ripensa a tutti i sogni e alle promesse fatte insieme alla moglie sin da quando erano bambini.
I ricordi e la voglia di scappare da tutto e da tutti lo portano ad escogitare un piano diabolico: gonfiare migliaia di palloncini, legarli alla propria casa e volare con essa fino a raggiungere le cascate “Paradiso” in Sud America, un luogo meraviglioso in cui, con la moglie Ellie, sognava di andare a vivere.
Sarebbe stato tutto più semplice, però, se non si fosse ritrovato in casa, per errore, un piccolo scout, Ronnie, capitato nei paraggi per compiere una buona azione aiutando le persone anziane.
I due si trovano, così, ad affrontare mille avventure per raggiungere l’agognata destinazione incontrando altissimi volatili, cani parlanti e scontrandosi con il cattivo di turno, un esploratore-cacciatore che ricorda il grande Kirk Douglas.
Innanzitutto ringraziamo la distribuzione per aver lasciato il titolo originale del film, mentre lo scorso anno circolavano preview che paventavano un nostrano “Su”.
Poi diamo a Cesare quel che è suo: è vero che il grande Lasseter è il papà della Pixar e a lui si deve una linea produttiva e creativa ben precisa che ha contraddistinto tutti i lavori dei suoi Studios e che ha risollevato le sorti della Disney. Ma, nonostante le calorose accoglienze che ha ricevuto nel mondo, il merito di questa meraviglia va dato ai due autori-registi Pete Docter e Bob Peterson, veri dei ex machina, soprattutto quando si parla, come in questo caso, di far recitare attori che non hanno né carne né ossa.
La Pixar sembra non conoscere il significato del termine “limite”. Anche se sono due lavori ben diversi, è difficile non fare raffronti con la loro precedente fatica. Quando, infatti, si pensava che avessero raggiunto il top nella realizzazione dei loro film con Wall-E, ecco sfornare un capolavoro di Cinema. E non è più una questione di tecnica di animazione ad alti livelli, anche se questa tecnica si è evoluta incredibilmente. In UP la computer grafica diventa decisamente secondaria e offre tutte le sue potenzialità al servizio della narrazione, dando la possibilità alla fantasia di sfogarsi come meglio crede.
Se con Wall-E si è andati ben oltre le consuete morali sull’ambientalismo, affidando a richiami chapliniani la storia dei due protagonisti e confezionando un prodotto di altissima qualità, con UP ci troviamo di fronte ad uno dei migliori film di tutti i tempi.
Sensibile, divertentissimo, serio, bizzarro, tenero, avventuroso, sentimentale, intelligente, poetico, geniale.
I film che hanno contenuto tutto questo si contano sulla punta delle dita e in UP ogni aggettivo è sapientemente mescolato e dosato alla perfezione.
Come se non bastasse, è realizzato in 3D. Ma anche questa innovazione tecnologica è di gran lunga meno importante di tutto il resto.
E’ vero che le immagini tridimensionali mostrano una profondità di campo, ma la profondità più bella è quella della storia. Una storia ordinaria e allo stesso tempo fuori del comune.
Un legame spezzato dall’inesorabile trascorrere del tempo e il desiderio di volerlo preservare e di lottare ancora per questo, a costo di traversare l’America con una casa sospesa in aria, per volare via da un mondo che non capisce più i sentimenti, che non è più capace di sognare!
Forse, l’unico vantaggio del 3D sono gli occhiali distribuiti all’ingresso in sala: pesanti occhialoni neri dietro i quali poter nascondere tutte le lacrime che inevitabilmente verserete … anche per le risate che non mancano di certo!