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Himalaya - L'infanzia di un capo

Questa volta parliamo di un film particolare che, oltre ad essere molto avvincente e con paesaggi mozzafiato, apre uno spiraglio per conoscere una realta’ lontanissima da noi, ma cosi’ attuale in questi momenti di lotta per i diritti civili del Tibet.

Eric Valli, il regista, fa reportage per il National Geographic Magazine e Life, pubblica libri, ha diretto pluripremiati documentari ed e’, insomma, uno straordinario professionista. Per realizzare Himalaya -  L'infanzia di un capo, ha vissuto per mesi nei luoghi dell'azione, conoscendone i futuri protagonisti e diventando loro amico. Questa volta, però, non ha voluto realizzare un documentario, ma un film narrativo; anche se basato su una drammaturgia ridotta all'essenziale e su fatti molto reali per le popolazioni tibetane.

Il film ci porta in un villaggio a nordest dell'Himalaya, a cinquemila metri d'altezza, abitato da un popolo metà contadino, metà nomade. L'unica risorsa per sopravvivere è trasportare il sale dell'alto Tibet per scambiarlo con grano ed alimenti nelle valli del Nepal, viaggiando con carovane di yak per piste a strapiombo, sfidando la neve e le valanghe. Il capo Tinlé non vuole lasciare il comando della spedizione a Karma, che ritiene responsabile della morte del suo primogenito, ma Karma organizza una propria carovana e parte prima della data fissata. Allora il capo ne allestisce un'altra assieme al figlio minore ed al nipote, e sfida ancora una volta la montagna. La prima parte del film, più contemplativa, serve a far conoscere i personaggi. La seconda è occupata dal lungo viaggio, che evoca quasi una lunga marcia biblica.

Valli, però, preferisce definire il suo film un "western tibetano", con memorie di Jack London e di Joseph Conrad. E non ha torto: i cowboy a cavallo dovevano trasportare le mandrie, mentre quelli degli yak portano sale; però sono molto simili il senso dell'epica, l'immanenza del pericolo, l'itinerario attraverso una natura incontaminata dalla "civiltà". Il sottotitolo del film, L'infanzia di un capo, sottolinea che il viaggio ha anche un valore iniziatico.

La cosa straordinaria è che Himalaya (che ha avuto una Nomination all’Oscar nel 1999 come migliore film straniero) riesca a essere un documentario antropologico, un “western” ed un racconto di formazione, partendo dalla realta’ e senza farle violenza. Gli attori sono i veri abitanti del villaggio nepalese; i luoghi (e le altidudini) sono rigorosamente autentici. Un film da recuperare in DVD, ancora disponibile presso qualche rivenditore.

(Technino)


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