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“Bronte: cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato” (1972) di Florestano Vancini - a cura di Foster Kane

soggetto e sceneggiatura: F. Vancini, Nicola Badalucco, Fabio Carpi, Leonardo Sciascia

       

fotografia: Nenad  Jovicic

 

musica: Egisto Macchi

 

interpreti: Ivo Garrani, Mariano Sigillo, Rudolf Kukié, Modrag Loncar

 

Dove si trova Bronte? Di quale massacro fu teatro? E Florestano Vancini? Chi era costui? Già dalla lettura del titolo di questo film emergono degli interrogativi cui si pone la necessità di rispondere. A questo scopo inseriamo nella nostra rubrica una recensione su questa opera cinematografica (purtroppo) dimenticata che ricostruisce un episodio della nostra storia (purtroppo) poco conosciuto e realizzata da un regista, Florestano Vancini,  (purtroppo) sconosciuto ai più. 

Bronte è un piccolo comune di 20.000 abitanti in provincia di Catania rinomato per alcuni prodotti agricoli, in primis il pistacchio. Nel 1799 divenne un feudo inglese allorché il re di Napoli, Ferdinando IV, donò l’abbazia di Maniace all’ammiraglio Nelson che venne nominato Duca di Bronte.

La vicenda narrata dal film si svolge nell’agosto del 1860. In quel periodo si stava gradualmente compiendo l’unità d’Italia e Garibaldi, partendo dalla Sicilia, avviò il processo di liberazione del Mezzogiorno dal dominio borbonico. A Bronte, come nel resto della Sicilia, si iniziava a respirare aria di libertà e tra i contadini (che costituivano la stragrande maggioranza della popolazione) si accendeva la speranza di una riforma agraria che portasse ad una equa distribuzione delle terre. Purtroppo la nuova classe dirigente non sembrava affatto interessata, almeno per il momento, ad affrontare questo problema e la popolazione rispose con la rivolta. 

Il film si apre con il pestaggio violento di due contadini, rei di aver rubato la legna, ad opera dei signorotti locali (i “cappelli”) quasi a dimostrazione del fatto che il crollo del regime borbonico non ha modificato di una virgola la triste condizione della classe agricola costretta a nutrirsi di sanguisughe.

Di giorno in giorno la consapevolezza di un futuro difficile si rafforza sempre di più e sull’onda del successo della rivoluzione garibaldina il popolo di Bronte decide di impugnare le armi. Uccisioni, incendi e saccheggi vengono compiuti nonostante la ferma opposizione dell’Avvocato Nicola Lombardo che, proclamato presidente del Municipio, riuscirà a convincere buona parte dei rivoltosi a deporre le armi e a consentire l’ingresso delle truppe garibaldine. Non solo a Bronte ma anche in altre città si stavano verificando episodi simili: per Garibaldi era necessario ristabilire l’ordine e decise di inviare il generale Nino Bixio che vi decretò lo stato d’assedio.

Lombardo era fiducioso: Bixio era uno degli uomini più fidati di Garibaldi cioè di colui che stava realizzando l’unità italiana (a Teano Garibaldi disse a Vittorio Emanuele II “Saluto il Re d’Italia” e questi rispose “Saluto chi l’ha fatta”).  Purtroppo la storia riserverà un triste destino a Lombardo che viene indicato come il principale animatore della rivolta. Bixio decide che a Catania si sarebbero processate circa 150 persone ritenute responsabili dei disordini (37 delle quali verranno condannate all’ergastolo) ma che era necessario, da subito, dare un “esempio” giudicando e condannando 5 uomini: il primo era proprio Lombardo.

Il processo si svolge in maniera sommaria e si conclude con la condanna a morte degli imputati: tra questi un malato di mente che, uscito illeso dalla fucilazione (per grazia della Madonna, come dirà lui stesso) viene freddato con un colpo di pistola alle spalle da un ufficiale. 

Come recita la didascalia iniziale il film si basa su fatti e personaggi veri ricostruiti tramite documenti ufficiali dell’epoca che, elencati nei titoli di coda, fanno di “Bronte” una vera e propria opera storica. L’intento di Vancini e dei suoi sceneggiatori (tra cui Leonardo Sciascia) era proprio quello di consegnare alla memoria una cronaca accurata su uno degli episodi più neri del Risorgimento italiano, rifuggendo dalla spettacolarità e affidando la recitazione ad attori in buona parte non professionisti (le uniche eccezioni sono Ivo Garrani e Mariano Sigillo, famosi perlopiù a teatro).

Si è voluto in questo modo evitare l’effetto agiografico che avrebbe potuto distogliere l’attenzione dello spettatore dai fatti per concentrarlo sugli attori (comunque anche i non professionisti dimostrano un grande talento).

Ed è in questo che “Bronte” si differenzia da altri film storici sul Risorgimento come “Il gattopardo” di Visconti (1963), opera notevole diretta da uno dei più maggiori maestri del cinema mondiale, ma che ha uno dei maggiori punti di forza proprio nella presenza di attori di grande fama. D’altro canto Vancini aveva esordito nel 1960 con “La lunga notte del ‘43” in cui rievoca un fatto realmente accaduto: l’assassinio  per mano di un gerarca fascista di un suo compagno di partito allo scopo di far ricadere la colpa sugli oppositori giustificando così un eccidio in cui perirà anche il padre del protagonista. Anche qui è forte l’interesse storico ma una buona parte del film è dedicata alla storia d’amore tra i due protagonisti che verrà bruscamente interrotta dall’aggravarsi della vicenda. La memoria storica tornerà ne “Il delitto Matteotti” (1973) interamente dedicato all’uccisione del deputato socialista e alle conseguenze che si ebbero nella politica interna, dove invece è forte l’effetto agiografico: vi recitano attori celebri tra cui Franco Nero, Mario Adorf, Vittorio De Sica e Gastone Moschin. 

Ritornando a “Bronte” è innegabile il valore dell’opera a livello storico e cinematografico. Un film, come si è detto all’inizio, poco conosciuto e che merita di essere visionato.

 

Alcuni anni fa il film è stato restaurato e vi sono state aggiunte alcune scene. Ad oggi però non vi è traccia di una copia né in DVD né in VHS. Perché dei capolavori devono restare nel dimenticatoio?

 

Curiosità: 

- Florestano Vancini (nato nel 1926 a Ferrara) ha iniziato la sua attività come documentarista ed è stato aiuto regista di Valerio Zurlini (altro autore dimenticato) per “Estate violenta” (1959). Nel 1967 firma un western, “I lunghi giorni della vendetta”, con lo pseudonimo di Stan Vance (erano molti, tra attori e registi ad “americanizzare” il proprio nome). Già prima di Fellini scoprì il talento drammatico di Ciccio Ingrassia che ne “La violenza: quinto potere” ci offre un’interpretazione notevole. Tra gli anni ottanta e novanta inizia a lavorare per la televisione dirigendo “La Piovra 2” e la serie “Piazza di Spagna”. Torna al cinema nel 2005 con “E ridendo l’uccise”.

 

- “Bronte” è stato girato nell’ex Jugoslavia (precisamente in Croazia) ed è interpretato da numerosi attori del luogo.

 

- Il film trae ispirazione da una novella di Giovanni Verga: “Libertà”. 


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