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“Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre” (Vincent, François, Paul et les autres) di Claude Sautet (1975) - a cura di Foster Kane soggetto: Claude Nèron (dal suo romanzo “La grande marrade”)
sceneggiatura: Jean Loup Dabadie, Claude Nèron, C. Sautet
fotografia: Jean Boffety
musica: Philippe Sarde interpreti: Yves Montand, Michel Piccoli, Serge Reggiani, Gerard Depardieu, Stéphane Audran, Umberto Orsini, Antonella Lualdi
Claude Sautet (1924 – 2000) è stato un regista che ha conosciuto il successo del pubblico e confermato quello della critica solo negli anni novanta, cioè alla fine di una lunga carriera iniziata nel 1959 con “Asfalto che scotta” (Classes tous risques) e terminata nel 1995 con “Nelly et Mr Arnaud” (id).
Nel parlare di Sautet verrà spontaneo ricordare soprattutto “Un cuore in inverno” (Un coeur en hiver), il film che nel 1993 lo rese celebre anche fuori dei confini francesi. Ma già in passato, ed in particolar modo negli anni settanta, Sautet aveva dimostrato grande talento realizzando dei piccoli gioielli come “L’amante” (Les choses de la vie), “E’ simpatico ma gli romperei il muso” (Cèsar et Rosalie) e soprattutto “Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre” (Vincent, François, Paul et les autres), un film dimenticato e di cui ci occupiamo nella nostra rubrica. I tre amici in questione sono Vincent (Yves Montand), un piccolo industriale in crisi sia lavorativa che sentimentale (separato dalla moglie non riesce ad accettare l’idea del divorzio), François (Michel Piccoli), un medico pienamente consapevole dei tradimenti della moglie e Paul (Serge Reggiani), uno scrittore ormai privo di idee. Al gruppo si aggiunge anche Jean (Gerard Depardieu in una delle sue prime interpretazioni), un giovane dipendente di Vincent e pugile professionista. La storia si incentra essenzialmente su Vincent che, sull’orlo del fallimento, riesce ad ottenere un prestito dall’ex suocero per pagare i debiti. L’occasione viene colta anche per chiedere alla moglie di tornare a vivere con lui ma lei rifiuta anche perché andrà a lavorare all’estero. Il dolore è grande è si aggiunge allo smacco professionale causato dalla vendita della sua azienda. Mentre è con alcuni amici in un bistrot (locale molto frequente e frequentato nei film del regista) Vincent viene colto da un infarto. Fortunatamente un po’ di riposo lo rimetterà in sesto.Nell’ultima mezz’ora del film l’attenzione si focalizza sugli altri protagonisti e soprattutto su François, abbandonato dalla moglie (è andata a vivere con un amico comune) e su Jean, in procinto di affrontare un incontro di boxe molto difficile da cui ne uscirà vittorioso.Le vicissitudini, tuttavia, non intaccheranno minimamente l’amicizia del gruppo ed il film si conclude con un fermo immagine che ritrae i tre amici. Quella di “Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre” può essere definita “Una storia semplice” che racconta “Le cose della vita” (questi i titoli originali di due film di Sautet). Per quale motivo apprezziamo questa opera che sicuramente è tra le migliori del regista francese? Innanzitutto per la grande abilità con cui Sautet riesce a raccontare una vicenda drammatica sapendovi nel contempo inserire toni da commedia (ed in questo gli è stato di grande ausilio un attore poliedrico come Montand). Notevole è inoltre la ricostruzione psicologica di tutti i personaggi, ognuno con i propri problemi ed il proprio carattere (ad esempio Piccoli/François risulta particolarmente irascibile mentre Reggiani/Paul è tratteggiato come un uomo tranquillo e anche un po’ lunatico). Aggiungiamo al tutto un nutrito gruppo di attori di primissimo livello (difficile dire chi sia il migliore) diretti con mano sapiente ed anche le musiche melodrammatiche di Philippe Sarde, uno dei maggiori compositori del cinema francese degli anni settanta che, tra l’altro, ha orchestrato i film di Bertrand Tavernier e Yves Boisset. Basta questo a fare di “Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre” un grande film? Sicuramente si e non è da trascurare il fatto che un grande regista come François Truffaut (peraltro diversissimo da Sautet) alla sua uscita nelle sale lo elogiò profondamente tanto da inserirne il commento nel suo libro “I film della mia vita”. E’ curioso che Sautet abbia esordito con dei film polizieschi (il primo “Asfalto che scotta” fu molto apprezzato da un maestro del noir: Jean Pierre Melville) e che abbia scritto la sceneggiatura di “Borsalino” (id) di Jaques Deray, però è anche vero che in questi film ciò che risalta non è tanto la vicenda quanto i personaggi: già dagli esordi Sautet si segnala come un regista psicologo. La visione di questo film (purtroppo mai uscito né in VHS né in DVD) è caldamente consigliata a tutti i nostalgici del cinema di qualità assieme ad altri film del regista tra cui “L’amante”, “Il commissario Pellisier” (Max et les ferrailleurs) e “Nelly et Mr Arnaud".
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