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Non è un paese per vecchi

(di Antonegò)
 
Pecunia non olet, dicevano i Romani. Non in questo caso. Il denaro, soprattutto quello facile, puzza di morte. I fratelli Cohen si aggiudicano l’Oscar trasponendo in chiave cinematografica l’omonimo romanzo di Cormac McCarthy. La trama appare quasi un pretesto per descrivere la fine di un mondo, un mondo ormai allo sbando. L’american dream è lontano e il risveglio è stato duro. Inutile aspettare la tromba del settimo cavalleggeri in un deserto metafisico, in cui il silenzio è talmente assordante che non si odono più neppure i rimbombi della sparatoria – carneficina che ha dato avvio alla storia. E se in questa storia ti trovi a fare il figlio di puttana senza scrupoli, beh, ti conviene non guardarti indietro e non muoverti più a pietà, perché altrimenti cominceranno lì i tuoi guai. Non si devono cercare realismo e coerenza in questo film. Una volta la sospensione dell’incredulità era il modo migliore di gustarsi una fiaba. Adesso che siamo cresciuti, invece, possiamo solo assistere a un incubo, un incubo che si interrompe bruscamente, per lasciarci l’amaro in bocca con un finale a sorpresa che avrà senza dubbio suscitato il ghigno sadico dei fratelli terribili del cinema americano.

E alla fine cosa resta? L’America non è un paese per vecchi, né per buoni. Il Male è irrefrenabile e segue una sua logica feroce e terribile. Neanche il caso, che in altre opere dei Cohen era un po’ più beffardo e interveniva quale deus ex machina, riesce a fermare il Male. La sorte ha perduto la sua proverbiale ironia e giocare a testa o croce può divenire questione di vita o di morte. Ma se siamo ancora della stessa stoffa di cui son fatti i sogni, beh, quella stoffa è ormai un po’ lisa e consunta e i miti, le leggende di un tempo, non vanno più bene neanche per un racconto che tenga caldo insieme al fuoco di un bivacco, al calar delle tenebre. Le tenebre sono ovunque e i soldi fanno litigare i grandi, così come i bambini, che perdono la purezza come una camicetta, per un verdone sporco di sangue. Resta solo la speranza di riabbracciare i propri cari, magari in Paradiso, o al risveglio da un sogno. Di certo non, qui. Non ora.

I Cohen sono più efficaci quando possono dar libero sfogo alla loro folle ironia. Ma, comunque, confezionano un grande film, tragico e cinico, freddo e disincantato, un Fargo più dolente e privo di ironia. Javier Bardem è perfetto ed inquietante e si è meritato assolutamente la statuetta. Il volto scavato di Tommy Lee Jones è una garanzia.
 
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(di Technino)
 
Difficile capire la ragione di un film cosi'...

E' un film "tecnicamente" ben fatto (regia, montaggio ed interpretazioni di gran livello) ma alla fine ci si domanda che cosa vuole dimostrare e, soprattutto, se la violenza senza speranza che pervade tutto il racconto sia fine a se' stessa: non e' il migliore dei film dei fratelli Coen (secondo me "Fargo" era decisamente meglio nel suo genere, e "Fratello dove sei" era piu' geniale): si esce peggio di come si era entrati, con una sensazione di amaro in bocca ed il timore che qualche squilibrato possa avere voglia di imitare il killer spietato e senza senso del film.
Sempre meno capisco le nominations all'Oscar di quest'anno, la critica americana sembra aver dimenticato la morale del bellissimo film di Woody Allen "La Rosa purpurea del Cairo": un film deve soprattutto far sognare....
 
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(del nostro lettore titti)
 
"Non è un paese per vecchi":questo è un mondo per nessuno. Nel Texas dei Coen scorre più sangue che in Vietnam.E' country senza tempo,è fuori tempo,è lontano dal tempo.
E' un paese di sordi(chi si accorge degli spari e degli omicidi);è terra senza Dio (per carità) e senza domani, e anche l'oggi è incerto.Il passato poi è quello che è,ingombrante e improponibile,troppo pesante da sostenere e quindi facile da dimenticare.Il Texas di "non è un paese"è ovviamente anche la terra silenziosa su cui adesso intendiamo camminare.Quella bella perchè siamo vivi ma orripilante perchè siamo già defunti.Ci sono una valigetta di soldi,un cacciatore sposato ma solitario,un killer,uomini d'affari e sicari,uno sceriffo disilluso:e ci sono giustamente la sabbia e l'erba di un selciato inzuppato di carne uccisa,attraverso la quale si cerca di correre e nella quale si finisce a testa in giù.
 
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