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Due partite

(di Antonegò)
 

Restiamo affascinati, in quanto uomini, dinanzi a questo spettacolo al femminile, come fossimo lì a sbirciare il dietro le quinte di un mondo così distante dal nostro, dal quale siamo attratti e spaventati ad un tempo, vittime di quel codice binario ginolatria – ginofobia che pare far parte del nostro DNA.

Enzo Monteleone riesce a trasportare al cinema una pièce teatrale della Comencini, senza mai annoiare e dirigendo con maestria un cast all star di sole donne, ognuna delle quali interpreta un personaggio che raffigura a suo modo la femminilità e l’epoca in cui vive. Gli uomini sono assenti, o meglio, sono presenti attraverso le parole delle donne che li amano o li odiano o li tormentano, per farsi amare. E così le sfumature di ogni donna vengono pennellate, man mano che queste donne si scoprono, mamme, figlie, mogli e amanti e in fondo, al di là dei ruoli, semplicemente donne, con i loro sogni e aspettative mancate, con le loro recriminazioni e con la loro incapacità o mancanza di volontà nel tirarsi fuori da ruoli troppo stretti e imposti loro da una società e da una famiglia delle quali non possono fare a meno. Perché noi siamo in quanto ci relazioniamo, in quanto amiamo.

Così la partita a carte appare un pretesto, una via di fuga, l’unica concessa in un tempo in cui le donne dovevano essere brave mogliere e amanti nascoste e casalinghe impeccabili.

Ma la società quanto le ha cambiate, quanto ha cambiato i rapporti? Le donne si sono prese una giusta libertà, ma cosa ne hanno fatto? Le figlie sono più libere delle loro madri, sono autonome, indipendenti, lavorano, hanno successo. Ma la loro vita è più felice, i rapporti coi loro mariti e compagni sono più sereni? Parrebbe di no. Alcune volevano essere considerate come gli uomini, ma adesso piangono a sentirsi come uomini e si risvegliano col cuscino sulla pancia, desiderando bambini che una società mutata ha reso rarità, scelte difficili e desideri da provetta. E pur in tutti questi cambiamenti, alla fine, ciò che resta è l’inevitabile confronto con i genitori, cui sembra che non possiamo fare a meno di rapportarci, imitandoli o, per reazione, cercando di fare una vita opposta, ignari di quel proverbio arabo che diceva che il destino ci attende lungo la strada che avevamo intrapreso per evitarlo.

Qualche stereotipo non manca, è vero, ma tutte le attrici svolgono alla perfezione il compito cui sono chiamate.

 
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(di Kooka)
 

Finalmente un film che scruta nel pensiero  femminile anche se gli uomini ci sono come sottofondo ed anche da lì influenzano consciamente o inconsciamente le donne.

La trama è abbastanza semplice, 4 donne che vivono nella società “bene”degli anni ’60 si incontrano ogni giovedì per la consueta partita a carte, la ricostruzione della location è perfetta, cosa che la scena teatrale non può dare, le signore sono perfette sia nei vestiti che nel linguaggio, che nelle proprie situazioni di vita, mentre  le loro figlie, apparentemente ignare di ciò che avviene intorno a loro, ritagliano foto della “principessa” Grace.

Ed ecco qui il luogo comune che ritorna, che le fiabe puntualmente ci hanno rimandato in modo ossessivo, la storia della principessa e del bel principe con cui vivere insieme felici e contente. Ma sotto sotto le madri non sono contente, parlano a loro volta di come sono cresciute con i luoghi comuni delle loro madri: “devi sposarti con un bel partito, devi pensare solo alla casa e a come far felice tuo marito e a come crescere bene i tuoi figli, devi sacrificarti” (come se non bastasse!) e così via…

Ebbene al sentirle parlare mi sembrava di udire l’eco delle parole di mia madre e delle sue sia pur poche amiche, ed è proprio circondate da questi luoghi comuni che siamo cresciute, donne di un’altra generazione, con situazioni intorno a noi più o meno uguali. Ma gli anni passano, le figlie crescono e…le situazioni cambiano! Ed è come se le parti fossero invertite fra donne e uomini dei giorni nostri, i pensieri femminili sono cambiati e di conseguenza quelli maschili.

Ma è poi vero, che tutto questo sia cambiato?

Sembrano i problemi di sempre… ma l’accostarsi ad essi diverso, è nuovo, è cambiato il ruolo delle parti e il sipario si richiude immancabilmente sui protagonisti della vita! Ed in questo continuo gioco delle parti le protagoniste sono brave, anzi bravissime!

Il film è da non perdere sia per gli uomini che per le donne.

 
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(di Technino)
 

Roma, anni '60. Quattro amiche intorno a un tavolo giocano a carte mentre le loro figlie piccole, nella stanza accanto, giocano. Tra una partita e l’altra si parla della loro vita e dei problemi che ciascuna di loro ha in famiglia. Dopo tanti anni le rispettive figlie si trovano a parlare di problemi che sembrano essere gli stessi, in un mondo in cui la donna stenta a trovare un ruolo che la soddisfi. 

Il “film” (poi capirete la ragione delle virgolette..) e’ diretto da Enzo Monteleone ed e’ ricavato da un’opera teatrale scritta e diretta da Cristina Comencini. Purtroppo il soggetto ed il dialogo, tutto al femminile, non rendono possibile la trasposizione cinematografica e cosi’ si assiste ad una storia raccontata solo da continui e lunghissimi primi piani per cercare di cogliere i sentimenti delle protagoniste, con un dialogo ed un ritmo che, anche se forse potranno far appassionare qualche persona amante del teatro a tutti i costi, sono difficili da digerire per un pubblico “cinematografico”, che li trovera’ irrimediabilmente lenti. 

E’ molto difficile ricavare da un’opera teatrale che si svolge in una stanza un film ben fatto, anche quando la sceneggiatura ed il dialogo sono particolarmente originali e brillanti come nel recente “Sleuth” di Kenneth Branagh, remake degli Insospettabili, e nel bellissimo “Nodo alla gola” di Hitchcock: qui la regia e la sceneggiatura sono lontanissimi da questi due capolavori ed il risultato e’ purtroppo scadente.  

Da salvare tutte le bravissime attrici, sia quelle che interpretano le madri (Paola Cortellesi, Marina Massironi, Isabella Ferrari e Margherita Buy) che quelle che interpretano le figlie (Alba Rohrwacher, Carolina Crescentini, Valeria Milillo e Claudia Pandolfi). Bellissimi i costumi ed il look anni ’60 delle madri, e molto curata la ricostruzione scenica dell’ambiente in cui si svolge la prima parte del film, con tutti i mobili rigorosamente d’epoca.

Insomma, se amate il teatro e volete ritrovarlo andando al cinema non sarete delusi (soprattutto se fate parte del pubblico femminile..); se invece siete amanti del “cinema” lasciate stare…

 

 

 
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