
Un film di Francesca Archibugi. Con Antonio Albanese, Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Francesca Inaudi, Andrea Calligari, Nelsi Xhemalaj, Chiara Noschese, Paolo Villaggio, e bellissime gemme di Carlo Verdone, Stafania Sandrelli, Ascanio Celestini. Italia 2009
La trama e il tempo: ai giorni nostri, due uomini di diversa estrazione sociale, lavoro, … si conoscono nelle corsie di un ospedale romano a seguito di un attacco di cuore.
Le location e la lingua: oltre all’ospedale, un appartamento con una veduta mozzafiato sugli angeli del ponte di Castel Sant’angelo, la Roma del Pigneto e le verdi sponde del lago di Turano (RI). Gli ambienti sono diversi, come i modi di parlare: per telefono, oltre un vetro, oltre un separè ospedaliero; urla gridate in ospedale oppure dalle finestre; oppure sussurrate da vicino, magari in una visita di amicizia. E la comunicazione tra i protagonisti c’è, anche nel silenzio che ospita, sospese, le risposte ad alcune domande. Apprezzabile non aver rinunciato alle inflessioni linguistiche; ancor di più, non avervi ricamato sopra di maniera (nei nomi dei figli di Angelo forse un po’, ma non più di tanto a ben vedere …).
I protagonisti: Alberto (Albanese), sceneggiatore e Angelo (Rossi Stuart), carrozziere. Intorno a loro, personaggi che interpretano se stessi (divertentissimo il pur breve cammeo di Verdone), persone che si conoscono nel corso della storia, e due improvvise “intromissioni celesti”, come dèi ex machina: un celestiale sfasciacarrozze (Celestini) che porta ad Angelo “miracolosamente” un pezzo introvabile per un’auto d’epoca (“ma è originale?” “come il peccato”) e un non ben definito ma potentissimo Paolo Villaggio che, dopo aver sbrogliato una situazione delicata, ammonisce: “e voi tre (Alberto, Angelo e sua moglie), tenetemi informati, che ho a cuore la vostra storia!”.
Qualche impressione personale:
1) non ci sono persone totalmente buone o totalmente cattive: è scomodo Alberto con la sua poca serietà negli affetti, è scomodo Angelo perché non paga le tasse. Né vengono giustificati. Viene data loro un’altra chance: questo è tutto quanto possibile. (e vien da pensare, magari ci fosse per tutti!)
2) più di una volta durante il film le scelte di Angelo mi hanno rimandato, mutatis mutandis, a Joe in “Joe il pilota”(usa, 1943, regia di V. Fleming). E credo anche a qualcun’altro sul set (non a caso il personaggio si chiama Angelo…). Il tema affettivo che unisce i protagonisti dei due film è qui molto più sviluppato e, per certi aspetti, ancor più difficile da accettare. Quindi, preparate i fazzoletti!
3) Una caratteristica di Alberto è la capacità di sapere dedurre molte informazioni sulle persone che lo circondano in base all’osservazione e alle proprie profonde conoscenze; e questa è una caratteristica archetipica di Sherlock Holmes. L’accostamento dice già tutto, non aggiungo altro …