Il
film tratta della relazione che Benito Mussolini (Filippo Timi) ebbe alla
vigilia dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra con Ida Dalser (Giovanna
Mezzogiorno) che, accecata dall’amore, si privò di tutti i suoi beni per
consentirgli di dar vita al suo nuovo giornale, “Il popolo d’Italia”. Dal loro
(presunto) matrimonio nacque un figlio, Benito Albino. La guerra segnerà però
la fine della loro storia: Mussolini, che nel frattempo si è unito in
matrimonio con Rachele Guidi, rinnegherà sia la donna che il figlio. Attraverso
i cinegiornali si assiste all’ascesa di Mussolini e alla sua presa del
potere: Ida non demorde e continuerà a
dichiararsi sua moglie. Questo le costerà la perdita della patria potestà e poi
l’internamento in un ospedale psichiatrico. Un destino avverso toccherà anche
al figlio che verrà dapprima affidato a un potestà e poi internato. Entrambi moriranno
e i loro corpi gettati in una fossa comune.
Diversi
sono stati i film sia su Mussolini che sulle vicende del ventennio fascista
(pensiamo a “Mussolini ultimo atto” di Lizzani o a “Il delitto Matteotti” di
Vancini) ma nessuno aveva indagato sulla sua vita privata. Marco Bellocchio,
con la sua ultima opera, cerca di ricostruire un episodio su cui la documentazione
ufficiale era alquanto insufficiente: del loro matrimonio infatti non vi è
alcuna traccia. Ma la ricostruzione storica poco interessa al regista attento
soprattutto al profilo psichico della protagonista, impersonata da una Giovanna
Mezzogiorno sempre più convincente. Si sa che Bellocchio, specie dopo l’incontro
con Massimo Fagioli che ha collaborato a quattro sue sceneggiature, ha sempre
avuto una predilezione per i temi della psicanalisi e che in quasi tutti i suoi
film (a partire da “I pugni in tasca”) ci ha fornito la descrizione di persone
non particolarmente equilibrate oppure la critica di talune istituzioni (i
collegi, le caserme, i manicomi) in cui la salute psichica dell’uomo può essere
seriamente messa a repentaglio. Ida Dalser è la donna che impazzisce per amore e che, rinchiusa arbitrariamente in
un manicomio, continua ad impazzire fino a morirne.
“Vincere”
è un film diretto in modo originale, intervallato da cinegiornali dell’epoca e
da spezzoni di altri film (bellissima la scena in cui Ida piange vedendo il
finale de “Il monello” di Chaplin). Oltre alla grande interpretazione della
Mezzogiorno e di Timi (nel doppio ruolo di Mussolini padre e figlio) può
vantare la bella fotografia di Daniele Ciprì e un commento musicale che fanno
di questo film un’opera sontuosa e melodrammatica. Presentato in concorso a
Cannes non ha ottenuto alcun riconoscimento.