Siamo in Perù. Una donna anziana è in punto di morte e ad assisterla è la giovane figlia Fausta (Magaly Solier), nata a seguito di uno stupro. Per scongiurare il rischio di violenze sessuali la ragazza ha fatto ricorso ad una tecnica alquanto singolare. Morta la madre si pone per Fausta il problema di organizzare il funerale ma i soldi sono pochi (tutti i risparmi sono stati impiegati per celebrare l’imminente matrimonio della cugina) e l’unica soluzione è quella di trovare subito un impiego temporaneo per mettere da parte la somma necessaria. Prenderà così servizio come cameriera presso la casa di una pianista.
Il film, premiato con l’Orso d’oro all’ultimo Festival di Berlino, costituisce la seconda opera di Claudia Llosa dopo “Madeinusa” (mai distribuito in Italia). L’impresa era molto difficile: raccontare una simile storia poteva risultare un vero pugno nello stomaco ma la regista è riuscita a stemperare il più possibile i toni drammatici dando alla luce un’opera assai originale. Ovviamente ci troviamo di fronte a un film impegnato e che richiede un certo impegno allo spettatore il quale non potrà non commuoversi nell’assistere alla vicenda di Fausta. Ad agevolare la visione contribuisce soprattutto la descrizione di alcune usanze tipiche del paese che a noi appariranno del tutto sui generis: è il caso delle nozze celebrate come fossero spettacoli di cabaret o addirittura dei matrimoni collettivi. Cinema di alto livello, estremamente poetico e realizzato con pochi mezzi e con attori non professionisti (eccetto Magaly Solier, già interprete di altri due film) ma veramente bravi.
Da vedere.