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La doppia ora

(di Foster Kane)
 

Sulla trama di questo particolarissimo film diremo ben poco, sia per non rovinare agli spettatori il gusto della visione, sia perché è proprio nell’intreccio che risiede buona parte del fascino dell’opera.

In estrema sintesi: un uomo (Filippo Timi, notevole attore già visto in altri film come, uno per tutti, “Vincere” di Marco Bellocchio) e una donna (Ksenia Rappoport) si incontrano tramite una sorta di tecnologica agenzia matrimoniale, dando vita ad una relazione apparentemente felice. Un giorno però… E ci fermiamo qui, raccomandando agli spettatori di mantenere alta la concentrazione poiché da questo momento inizierà la parte più cervellotica e criptica del film.

“La doppia ora”, opera prima di Giuseppe Capotondi, è un’autentica curiosità che non potrà non destare interesse soprattutto tra gli spettatori più esigenti che desiderano trovare nel cinema aspetti originali e differenti dalla media. Indubbiamente un film difficile che avrà richiesto molto impegno da parte del regista e degli sceneggiatori: il rischio che si correva era quello di non riuscire a sciogliere le fila dell’intreccio e di lasciare lo spettatore profondamente deluso. Fortunatamente non è stato così e, nonostante la macchinosità della storia, il film scorre in maniera limpida .

In definitiva un’altra sorpresa nel panorama del cinema italiano che non è fatto solo di cinepanettoni o suoi surrogati ma anche di opere di registi nuovi interessanti e di tutto rispetto.

 
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(di Antonegò)
 

Decisamente interessante e affascinante questa curiosa opera prima di Giuseppe Capotondi.

Cercherò di non dire nulla della trama, per non togliere a voi lettori lo stesso stupore che ho provato io, sedendomi in sala, credendo di vedere un film e vedendone poi tutt’altro o, forse, sarebbe meglio dire, tutt’altri.

Alcune sbavature ci sono, alcuni luoghi comuni del genere e sottogenere, ma la prova dei due attori, Kseniya Rappoport, vincitrice della Coppa Volpi come miglior attrice a Venezia e Filippo Timi, già apprezzato protagonista di “Come Dio comanda” e “Vincere” (attore da tenere senz’altro d’occhio), supportati da ottimi caratteristi, rende questo avvincente film una bella sorpresa, nel panorama, a volte colpevolmente asfittico, del nostro spesso vituperato cinema italiano.

Torino, città che si sta dimostrando sempre più cinematografica, è una perfetta cornice, cupa e solitaria, avvolgente e distaccata.

Da vedere.

 
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