Un imprenditore senza scrupoli, dopo aver derubato la moglie di tutti i suoi beni immobili e scomparendo il giorno stesso delle nozze, dirige dopo tanti anni un’importante società.
Aiutato da un contabile sopra le righe, attraverso sotterfugi, finte società e ricatti, è sull’orlo di fallire quando, per salvarsi, gli viene in mente di incastrare il figlio più piccolo dei due avuti dalla “moglie per un giorno” che… non ha smesso di amarlo.
La regia di Pupi Avati è, come quasi sempre, impeccabile. Riesce ad affrontare argomenti come tangenti e truffe, senza mai entrare nel politico, ma rimanendo su una storia quotidiana fatta di amore tradito, silenzio di una donna per quieto vivere, arroganza dei presunti furbi; il tutto inserito in un contesto ai confini con il surreale, condito di personaggi eccentrici: una moglie che accondiscende ad essere derubata e abbandonata il giorno del suo matrimonio e a rimanere innamorata a distanza di anni durante i quali tenta la fortuna con un gruppo musicale, proponendo canzoni degne dei figli dei fiori; un imprenditore capace di accoltellare alle spalle un figlio che non vede da diciotto anni; un contabile che deve sempre avere il controllo della situazione.
Se, però, questo modo di narrare può piacere per il semplice fatto che rende leggero un dramma, in altri versi è privo di mordente, di critica e l’atteggiamento dei personaggi, in primis quello della donna, può dar fastidio a più di uno spettatore.
Inoltre Avati, che è sempre stato bravissimo a dirigere gli attori portando alla ribalta anche nomi da tempo dimenticati (“Regalo di Natale” fu la salvezza di Abbatantuono), non riesce a conferire a De Sica il “viscidume” e lo squallore del personaggio che interpreta che rimane, purtroppo, molto simile ad un cinico protagonista dei cinepanettoni. Era sicuramente riuscito meglio nell’intento Carlo Verdone, anni fa, nel fargli impersonare un suo ex “compagno di scuola”.
Zingaretti è perfetto nella parte, anche se non gliene abbiamo viste interpretare molte differenti.
Da segnalare la presenza di Pino Quartullo rimasto identico a vent’anni fa, come fosse stato ibernato!