Possono immagini spettacolari e attrici succulente come mele non raccolte, vestite in abiti succinti e molto cosplay giustificare la visione di un film? La domanda è evidentemente tendenziosa, mi rendo conto. La giuria mi perdonerà.
Ma chi scrive ha difeso lo Zack Snyder di “300”, è rimasto affascinato dal difficile compito di rimodernare i romeriani zombies, nel buon “L’alba dei morti viventi” e ha apprezzato il coraggio di portare al cinema il capolavoro “Watchmen”; e adesso ha tutto il diritto di criticarlo, per questa sfolgorante carta da regalo usata per impacchettare il nulla. Certo, è difficile girare quando manca il genio di Frank Miller, quando mancano le entusiasmanti idee socio - cultural – politiche di Romero e Alan Moore. Ma la pazienza di uno spettatore ha un limite. E parlo da amante del cinema a 360° e 3D!
Se voglio vedere fuochi d’artificio, vado in Cina. Insomma non si può reggere un intero film sull’estetica del videogioco/videoclip, senza fornirlo di trama alcuna: sarebbe come servire olio e aceto e sale di ottima qualità, ma senza alcuna pietanza da insaporire! Per quanto raffinato sia l’olio, berne un bicchiere nauseerebbe chiunque, neanche fosse di ricino. Forse potrà meravigliare la MTV generation, ma non un lupo della steppa cinematografica che perde il pelo, ma non il vizio, come me.
Il film è un enorme videoclip, intramezzato da famose scenografie di altrettanto famosi videogiochi (famosi per chi ci gioca, perlomeno).
Le attricette fanno il lavoro loro (o sarebbe meglio dire lavoretto?) e dispiace vedere Abbie Cornish che, dismessi i panni dello splendido Bright star, è costretta a indossare gli abitini più succinti di Sweetie. Fa piacere rivedere Scott Glenn. Carla Cugino è sempre apprezzabile.
Ma risparmiatevi i 7 € del biglietto.