George
Valentin è un’icona del cinema muto. Uno di quegli attori che affascina e
seduce ogni platea oltre le belle donne. Un giorno incontra una ragazza che,
fotografata insieme a lui, comincia ad avere notorietà fino a diventare anche
lei una star, lavorando a molti film di successo. Tra i due scatta il colpo di
fulmine, ma la carriera in ascesa della ragazza e l’orgoglio del divo che non
accetta di passare dal muto al sonoro metterà il rapporto e la vita dei due a
dura prova … ma l’amore trionfa sempre!
Chi scrive adora il cinema muto e ha accolto il film con molto entusiasmo, ma
le aspettative, soprattutto dopo i 5 Oscar vinti, sono state deludenti.
La storia, seppur tenera e divertente, è molto banale e lineare; inoltre, la
trovata del passaggio dal cinema muto a quello sonoro è stata abbondantemente
già utilizzata a partire dal famigerato “Cantando sotto la pioggia”.
Tecnicamente, la regia è altamente moderna: ci sono profondità di campo con
sfocature in primo piano, molti movimenti di macchina su carrelli o dolly, tutti
espedienti che negli anni del muto erano raramente utilizzati con rudimentali e
sperimentali macchinari. Quindi, invece di ricreare un film degli anni 20-30, è
stato semplicemente tolto il colore e i dialoghi.
Con questo non è mia intenzione denigrare un film che rimane molto piacevole
per gli occhi e lo spirito.
Jean Dujardin è strepitoso e perfetto nella parte.
“The Artist”, però, sembra più un capriccio che solo i francesi potevano
permettersi di realizzare e il suo successo credo derivi più dall’aver portato
a termine qualcosa di impensabile che per quello che propone la pellicola.
Eccezion fatta per l’Oscar al miglior attore protagonista, le altre 4 statuette
le avrei consegnate nelle mani di "Hugo Cabret" che, a mio avviso, rappresenta il
vero omaggio al Cinema degli esordi.
Di sicuro un grande merito il film lo ha: quello di farci rendere conto che un
bel film può essere anche muto e senza colori in un’era dominata dal computer e
dal 3D.