Un gruppo di alieni, dal buffo e tozzo aspetto, scendono
sulla Terra per raccogliere esemplari di piante da studiare. Vistisi scoperti,
nella fuga dimenticano uno di loro sul nostro pianeta. Impaurito, il povero
alieno trova rifugio presso la casa di Elliott, un bambino che insieme ai suoi
fratelli cercherà di nasconderlo dagli adulti che vogliono catturarlo. Nel
frattempo, l’extraterrestre tenta di rimettersi in contatto con il suo pianeta
per farsi venire a riprendere. Tra ET ed il piccolo Elliott nasce una sincera e
profonda amicizia.
Capolavoro indiscusso della cinematografia. Un classico che
non smette di far provare emozioni forti a distanza di anni dalla sua uscita
nelle sale. Spielberg, dopo averci già affascinati con il suo “Incontri
ravvicinati del terzo tipo”, va oltre e usa il pretesto fantascientifico per
farci capire che, chi si sente diverso, in realtà non è mai solo. Ma senza
troppa retorica ci immerge in scene che hanno fatto la storia del Cinema come l’ormai
famosa sagoma di Elliott in bicicletta con ET nel cestino davanti che vola su
uno sfondo illuminato prima da un sole rosso e poi da una gigantesca luna,
divenuto il logo della Amblin (la casa di produzione del regista).
Perfetta la realizzazione visiva dell’alieno ad opera del nostro Carlo
Rambaldi (recentemente scomparso e che ricordiamo con molta nostalgia) che, anziché
spaventare, ha saputo far esprimere alla sua creatura aliena, la tenerezza di
uno sguardo e tutti i sentimenti più belli di un amico fedele.