Piccolo film passato quasi inosservato, come un bellissimo fiore di alta montagna, che presuppone attenzione. E tanta attenzione merita questa opera prima del misconosciuto attore Liev Schreiber (Sfera, la serie di film Scream, Hurricane, Rko 28, The Manchurian candidate) che traspone un’altra opera prima, l’omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer.
Il film narra con ironia e sensibilità la storia intimista di un ragazzo ebreo americano (il bravissimo Elijah Wood), collezionista maniacale di oggetti familiari, che parte per un viaggio in Ucraina, alla ricerca del drammatico passato di suo nonno, sopravvissuto all’olocausto. A ben vedere un tema abusatissimo, ma trattato con originalità e poesia da Schreiber, che dimostra anche buone doti di regia, evidentemente toccato da questa storia commovente, che non indulge mai in facili pietismi e non tende mai fazzoletti di carta per furbe lacrimucce.
La splendida fotografia ci lascia godere la bellezza dei paesaggi naturali di una Ucraina piena di contraddizioni, paese povero segnato dalla storia e da un passato che appartiene inevitabilmente anche a chi non l’ha vissuto. E come la nerboruta mano Breganiana che poteva essere “fero” o “piuma”, anche questo film è capace di dare pugni a quello stesso stomaco che fino a poco prima doleva per le risate. E’ questa levità nel descrivere anche scene potenzialmente pesanti, il pregio di questa opera prima, che avrebbe meritato molta più fortuna. Un piccolo gioiello che dovete recuperare!
Un plauso anche agli altri interpreti, Boris Leskin, Eugene Hutz, Laryssa Lauret. E attenti a Sammy Davis Jr Jr.