Bruce Banner (Edward Norton) è alla continua ricerca di una soluzione per il suo immenso problema: Hulk. Nascosto in una labirintica favela del Brasile, lavora in una fabbrica di bibite e conta i giorni "senza crisi", allenandosi a mantenere basse le pulsazioni cardiache agendo sulla respirazione e sul rifiuto delle provocazioni. Sono più di centocinquanta giorni che vive così, ma basta una goccia di sangue, perduta involontariamente, a mettere sulle sue tracce la macchina da guerra americana, guidata dal generale Ross. Braccato, Bruce non può che cedere alla sua nemesi, strapparsi le vesti e trasformarsi di nuovo nel gigante verde.
Il nuovo film di Hulk, diretto da Louis Leterrier, non riesce ad essere diverso dal precedente di Ang Lee, forse per il personaggio, troppo inverosimile e privo di ironia, che mal si adatta alla trasformazione in un film che non sia di pura e semplice azione fracassona. Secondo me i film come questo, se non riescono ad uscire dallo stereotipo del supereroe che pretende di far passare i suoi problemi inverosimili per un dramma, alla fine stancheranno gli spettatori, anche quelli che li seguono perche’ appassionati dei fumetti da cui sono tratti.
Un film non e’ un fumetto e non bastano le scene spettacolari e gli effetti speciali per dare profondita’ ed interesse alla narrazione, ci vogliono il dialogo brillante, le situazioni divertenti, il ritmo dato dal succedersi di quest’ultime e non solo dalla pura e semplice azione. E non basta un “villain” ben interpretato da
Tim Roth per rendere il film godibile: alla fine si esce con le orecchie che dolgono per il fracasso che il sonoro degli effetti speciali ci propina per le quasi due ore di durata del film e con il cuore privo di ricordi veramente emozionanti.