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Ultimi Film visti al Cinema - Consigli e opinioni
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Tomorrowland
(di Technino)
 

Se puoi sognarlo puoi farlo! Il leitmotiv della filosofia del grande Walt plasma l’ultima pellicola distribuita dalla Disney: Tomorrowland – Il Mondo di Domani.

Il film, del regista Brad Bird, già due volte premio Oscar (Gli Incredibili e Ratatouille), racconta la storia di Frank Walker, trasportato da ragazzino, grazie al robot Athena, nel futuro: una dimensione non esattamente specificata, sospesa tra i concetti labili di spazio e tempo. Ma crescendo Frank (interpretato da George Clooney) sarà espulso da Tomorrowland, finché non si troverà a farvi ritorno, sempre con l'aiuto di Athena, una bambina androide che nasconde sentimenti umani (interpretata benissimo da Raffey Cassidy) e della giovane Casey Newton (Britt Robertson), una ragazza che non perde mai la speranza di poter cambiare il mondo. Sarà una missione pericolosa, in grado di cambiare le loro esistenze e, magari, smuovere un tantino anche le vostre.... 

La sceneggiatura di Damon Lindelof (Lost e Prometheus), un fuoco d'artificio di mezzi volanti, piscine sospese, costruzioni ardite e uomini che volano nel cielo, trae la sua linfa vitale da un’idea dello stesso Walt Disney, che proprio in vista dell’Esposizione Universale di New York del 1964 – a cui e' dedicata l'apertura del film – diede vita ad una delle attrazioni piu' rivoluzionarie di Disneyland, Tomorrowland, da cui il titolo del film.

Un uomo ottimista, fiducioso nel futuro: in Walt Disney si concretizzo' l’unione tra la conoscenza adulta e la fantasia tipica dei fanciulli. Ci chiediamo: se da solo è riuscito a creare un mondo magico in grado di far sognare tante generazioni di bambini in tutto il mondo, cosa potrebbe davvero accadere se tutti gli uomini e le donne dotati di un’intelligenza e di una creatività superiore si liberassero dalle beghe della politica e del denaro per dedicarsi solo ed esclusivamente alla costruzione di un pianeta migliore?
Forse il progetto di Tomorrowland troverebbe allora la possibilita' di realizzarsi ed un giorno, toccando una spilletta, ci troveremo proiettati in una dimensione ignota ma felice..... 

D’altro canto chissà in quante persone si materializza quello stato malinconico di George Clooney: un Peter Pan che, crescendo, ha perso la capacità di volare, chiudendosi nel suo iconico pessimismo. A cambiare la sua visione della vita provvederanno Casey ed Athena, la prima con il suo ottimismo e la sua speranza piu' forte di ogni disillusione, la seconda con la sua sapienza e la sua "umanita", che Frank Walker non aveva intuito quando, da ragazzo, l'aveva conosciuta e ne era stato compagno in Tomorrowland fino a diventare adulto.

Athena ha la missione di reclutare persone dotate di speranza, determinazione e capacita' di sognare, facendo loro vedere il mondo fantastico di Tomorrowland al semplice tocco di una spilletta dal gusto retro': e' lei il personaggio piu' divertente del film, una piccola eroina a cui vi affezionerete....

Bravissimo nei panni del "cattivo" Hugh Laurie, che in Tomorrowland interpreta David Nix, uno scienziato pronto a sacrificare l'umanita' inculcando nella mente di tutti gli esseri umani la sua pessimistica e rassegnata idea dell'ineluttabile fine del mondo. 

Il risultato finale della pellicola è in grado di suscitare meraviglia nei più piccoli e donare ai più grandi quel pizzico di capacita' di sognare che e' stata loro tolta dal tran-tran quotidiano. Il nostro mondo forse appartiene ancora a chi ha il coraggio di credere nei propri sogni....   

 
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Le vacanze del piccolo Nicolas
(di Technino)
 

Dopo il grande successo ottenuto in Francia con ‘Il piccolo Nicolas ed i suoi genitori’, il regista Laurent Tirard esplora nuovamente il magico mondo del piccolo Nicolas portando sul grande schermo una seconda pellicola, che racconta un’altra delle tante avventure di questo noto personaggio della letteratura francese per ragazzi, uscito dalla penna dell’autore René Goscinny e del suo disegnatore Jean-Jacques Sempé negli anni Sessanta. 

Se il primo film era interamente dedicato alle diavolerie ed alla vitalità dei ragazzini tra gli 8 e i 10 anni, il nuovo episodio appare più orientato al mondo degli adulti le cui debolezze, colte con grande ironia dall’autore del libro, vengono ben rappresentate dal regista nel corso di una rocambolesca, tipica vacanza estiva della classe media anni Sessanta, dove accade di tutto e di più: la fila sull’autostrada fino alla località marina, i bisticci continui fra mamma e papà, la presenza dell’ingombrante nonna, le nuove amicizie estive di Nicolas con altri ragazzini incontrati sulla spiaggia dell'albergo (tutti ben caratterizzati e divertenti) e, soprattutto, con Isabelle, una bambina strana, anche lei in vacanza, che non smette di fissarlo con i suoi grandi occhi rotondi. 

Nicolas, ascoltando i discorsi dei grandi, teme che i suoi genitori vogliano costringerlo a sposare Isabelle, mentre lui è già fidanzato con una bambina di Parigi: i malintesi e le birichinate per evitare il presunto matrimonio fioccano, finché Nicolas non si accorge che Isabelle non è poi così antipatica. Come nei libri, anche qui il bambino racconta in prima persona le sue avventure, secondo il punto di vista della sua età, evidenziando quanto i due mondi, quello degli adulti e dei ragazzini, possano spesso divergere anni luce fra loro.

 

Piccolo "divertissement" del regista sul mondo del cinema, è l’idea di far girare, su una spiaggia per famiglie, un produttore italiano rozzo e narcisista, interpretato da un divertente Luca Zingaretti, perfettamente calato nel ruolo, con conseguenze imprevedibili. Stupenda l’ambientazione da ‘cartolina’ con colori sgargianti e perfetta ricostruzione delle vacanze in riviera negli anni Sessanta. Bravissimi gli interpreti, piccoli e grandi, fra cui citiamo Valérie Lemercier (la madre volitiva), Kad Mérad (il padre pasticcione), Dominique Lavanant (la snervante nonna). 

Pur con tutti i contrattempi, queste Vacanze non potrebbero essere più spensierate, immergendoci in un mondo colorato in cui non c'era ancora traccia delle tensioni sociali di oggi. Dialoghi brillanti, situazioni di grande comicita' sia per gli adulti che per i ragazzini, ed una regia spensierata che ben rappresenta l'universo descritto nei libri di Goscinny.  

Pura evasione "contro il logorio della vita moderna", amplificata dalla moda, dalle bellissime auto d'epoca e dalle musiche dei favolosi anni 60, che vi fara' passare una bella serata.

 
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Avengers - Age of Ultron
(di Technino)
 

Nel 2008 la Marvel e Kevin Feige diedero vita, con Iron Man, al progetto del Marvel Cinematic Universe. La consacrazione definitiva di questo progetto è arrivata tre anni fa con il film The Avengers, con Joss Whedon alla regia.

L'elemento che più di tutti rende il progetto cinematografico Marvel unico è l'aver inserito in esso  una forza coesiva che unisce i film completandoli l'un l'altro, ma rendendoli anche fruibili singolarmente. Non si discosta da questa idea Avengers - Age of Ultron: il film apre mostrandoci gli eroi Marvel impegnati in combattimento, in una scena d'azione frenetica, aperta da un piano sequenza che segue, uno dopo l'altro, i personaggi impegnati in battaglia. L'inizio del film ci fa capire che il regista vuole sviluppare un progetto che, partendo dal precedente episodio di The Avengers, vuole andare avanti e porsi nuovi obbiettivi.  

E lo fa, spingendo sull'acceleratore dell'azione, mettendo in scena grandi battaglie in modo sempre più creativo e distruttivo (basta pensare al possente faccia a faccia tra Hulk e l'armatura Hulkbuster di Tony Stark), con scontri e lotte condite da immagini di grandissimo impatto, un dispiego di mezzi tecnici all'avanguardia, portandoci dalla Sukovia a New York passando per la Corea e l'Africa, per una varietà di situazioni e locations che rende la pellicola visivamente ricca e mai ripetitiva.  

Fatta questa premessa, c'e' da dire che questo secondo film sugli Avengers presenta tre punti di debolezza rispetto al primo: il "Villain" Ultron, un robot dotato di intelligenza artificiale e quasi onnipotente, rimane un po' distante e non ci cattura come faceva il perfido Loki, interpretato dal bravissimo Tom Hiddleston nell'episodio precedente. Per cercare di bilanciare questa "debolezza" nella versione in lingua originale e' stato scelto l'attore James Spader per dare la sua voce profonda ed inquietante ad Ultron, ma nel doppiaggio in italiano ovviamente questo effetto si perde, e comunque nemmeno la voce di James Spader poteva equilibrare la mancanza di un cattivo carismatico come Loki. Il secondo punto di debolezza riguarda Thor (Chris Hemsworth), non per limiti della sua interpretazione, sempre all'altezza, ma perche' nella sceneggiatura il personaggio e' stato sfruttato meno di quanto ci si aspettasse.  Il terzo punto di debolezza riguarda i dialoghi, che anche se contengono situazioni e battute brillanti, sono in questo film meno divertenti di quelli del primo: si ride di meno.

A parte le considerazioni fatte sopra, il nuovo film rimane godibilissimo, anche grazie ad un cast di interpreti bravissimi ed affiatati. Per tutti gli appassionati Marvel e' un "must see".
 
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Tomorrowland
(di L’Irriverente)
 

Una ragazza con la passione per la scienza e un inventore a dir poco geniale si ritrovano uniti dallo stesso destino… Insieme partiranno per un viaggio avventuroso per riportare alla luce i segreti di un luogo misterioso che si trova nascosto tra il tempo e lo spazio… dove niente è impossibile!

Tomorrowland è il nome del parco giochi Disney a tema scientifico che, però, è solo un’ispirazione al film, anche se zio Walt ha sempre cercato di immaginare e ricreare un posto dove tutto è possibile, dove la fantasia regna sovrana. In questo caso non solo il marchio Disney è sinonimo di garanzia. Ad annunciare il successo di un film immaginifico come questo contribuisce, senza dubbio, anche il grandissimo regista Brad Bird che ha diretto già per la Disney pietre miliari come “Gli Incredibili” e “Ratatouille”. Ciliegina sulla torta… la bravura di George Clooney che da un po’ di tempo a questa parte non sbaglia un film!

Avventura, emozioni all’ennesima potenza, mistero, stupore ora c’è un sinonimo per dire tutto questo: Tomorrowland!

 
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Cenerentola
(di Technino)
 

Kenneth Branagh ha preso un grosso rischio quando ha accettato l'offerta della Disney di dirigere la versione umanizzata di Cenerentola. Il cartoon e' uno dei piu' riusciti della Disney, il personaggio un autentico mito delle favole, come poteva Branagh riuscire a fare un film originale?

Eppure il regista nordirlandese e' riuscito a compiere il miracolo, entrando in sintonia con lo stile classico Disney tanto da confezionare un'opera che non si discosta, se non per qualche dettaglio, dalla tradizione narrativa dello Studio, ma al tempo stesso offre uno sguardo nuovo e fresco sulla fiaba, costruendo uno spettacolo meraviglioso, in cui le scenografie, i costumi, le musiche e le interpretazioni contribuiscono a farci immergere nel mondo incantato della favola. 

Da grande attore quale e' egli stesso, Kenneth Branagh sa dirigere benissimo gli attori, ed il compito diventa facile quando si ha a disposizione una stella di prima qualità come Cate Blanchett, una matrigna molto diversa dallo stereotipo della favola: la sua Lady Tremaine è una donna vera, la cui esistenza è stata segnata da un grave lutto che l'ha privata della felicità, ed ha deciso perciò di perseguire ad ogni costo la sicurezza economica per sé e per le figlie. Sarcastica, carismatica, elegantissima, l'attrice svetta sul resto del cast con le sue argute frecciate, gli sguardi di ghiaccio e la voce profonda da dark lady. 

A controbilanciare il suo strapotere sulla pellicola troviamo una Cenerentola fresca e graziosa interpretata dalla star di Dowton Abbey, Lily James. L'attrice non si discosta troppo dal canone, ma aggiunge un pizzico di modernità a un personaggio di cui, per la prima volta, la sceneggiatura di Chris Weitz accentua l'indipendenza di giudizio. Cenerentola è docile, saggia, ma non remissiva e in più occasioni mostra di tener testa alle avversità rivendicando il proprio pensiero e sacrificandosi volontariamente per il bene dei suoi cari.  

Al suo fianco un altro interprete proveniente dalle serie televisive, Richard Madden da Il Trono di Spade. Madden dimostra di possedere il carisma e l'aspetto per incarnare un principe azzurro intelligente e indipendente, pronto a venir meno ai voleri del padre e a mettere da parte il bene del regno per perseguire un ideale romantico. L'attrazione fra i due personaggi è palese fin dalla prima sequenza in cui si incontrano mentre cavalcano nel bosco, ed esplode durante la spettacolare scena del ballo in cui Branagh sfodera tutta la sua maestria dietro la macchina da presa: i volteggi di Cenerentola, in un meraviglioso vestito azzurro che si apre come una nuvola ad ogni piroetta, ci fanno rimanere incantati... 

Ogni sequenza di Cenerentola è costruita benissimo: i campi lunghissimi che inaugurano la narrazione introducendoci nel reame di Cenerentola (l'equivalente visivo del C'era una volta), che si alternano con i piani fissi per presentare i personaggi, e con straordinarie sequenze in cui i virtuosismi visivi possiedono davvero la qualità della favola.

Sono una gioia per gli occhi la trasformazione di Cenerentola per il ballo, complice un irresistibile cameo di Helena Bonham Carter nei panni di una fata madrina simpaticissima e sbadata, la gia' citata sequenza del ballo, in cui Branagh dà il massimo sfruttando al meglio la grazia di Lily James, lo splendore dei costumi realizzati da Sandy Powell, le incredibili scenografie di Dante Ferretti che, per l'illuminazione della sala da ballo, ha usato migliaia di vere candele facendole sostituire ogni quarto d'ora, e le musiche sognanti di Patrik Doyle

Vera e propria sequenza di culto è la rocambolesca fuga dal ballo, mentre la mezzanotte sta per scoccare e la carrozza dorata di Cenerentola, lanciata a tutta velocità, si ritrasforma in zucca, i lacché in lucertole, il cocchiere in anatra e i cavalli in topolini.  

Grazie Branagh e grazie Disney di averci dato questo bellissimo film per fare sognare la nuova generazione di bambini e genitori (soprattutto le bambine e le mamme...).

 
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Kingsman - Secret Service
(di Technino)
 

I Kingsman sono una società segreta di spie al servizio del mondo, i cui antenati avevano cominciato come sarti che vestivano i potenti della terra. L'ingresso della loro base è tuttora in una sartoria, ma i vestiti che confezionano sono a prova di pallottole, ed accessoriati con gadget alla James Bond. I loro nomi in codice sono quelli dei cavalieri della tavola rotonda.  

Tratto dalla graphic novel di Mark Millar e Dave Gibbons (il primo autore anche del fumetto di Kick-Ass), racconta la storia dell'educazione allo stile e ai valori dei Kingsman del giovane sbandato Gary Price (Taron Egerton) da parte del veterano Hart (Colin Firth) che lo addestra a diventare un agente segreto. Il cattivo di turno e' Valentine (Samuel L. Jackson), che vuole uccidere milioni di persone per diminuire l'inquinamento e ripopolare la Terra ex-novo. 

Il film e' condito dalla follia dissacrante e dall'ultraviolenza che sono un po' il marchio di fabbrica del regista Matthew Vaughn: una violenza esagerata in senso fumettistico, con scene di combattimento pirotecniche, musicate e coloratissime. 

Il soggetto e' un po' discontinuo, alterna momenti riusciti (la prima parte) a qualche fase meno brillante, soprattutto nelle lungaggini del finale, pieno di teste che scoppiano come piccole bombe atomiche, precedute da una "mattanza" in una chiesa dove tutti ammazzano tutti accompagnati da una musica assordante: una scena che dura molto piu' del necessario e che rischia di farvi saltare i timpani....

Colin Firth se la cava benissimo nei panni della spia gentiluomo, esibendo anche una notevole capacita' nelle scene d'azione, per cui  sembra si sia sottoposto ad un addestramento durissimo. Peccato che il soggetto non lo utilizzi fino alla fine....Tra gli altri attori ricordiamo Michael Caine nella parte del capo dei Kingsman, con il suo abituale "aplomb" britannico.  

In conclusione, un film che forse non deludera' gli appassionati del genere e del cinema di Matthew Vaughn, ma tutti gli altri possono tranquillamente evitarlo: se siete amanti del genere spy-comedy recuperate il vecchio ma divertentissimo Johnny English, con un irresistibile Rowan Atkinson ed un soggetto da far invidia ai veri film di spionaggio.  

 
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Mortdecai
(di Technino)
 

Il film e' tratto da uno dei romanzi dello scrittore inglese Kyril Bonfiglioli, con il suo protagonista Mortdecai, un mercante d'arte imbroglione, che cerca di pagare quello che deve al fisco vendendo gli oggetti ed i quadri che ha ancora in casa.

 

Il film e' intriso di houmor inglese, con un dialogo che, agli amanti del genere, risultera' divertentissimo. Mortdecai (Johnny Deep), si e' fatto crescere un paio di baffi all'insu' che lo fanno sentire alla moda e, secondo lui, gli donano immensamente, mentre sono insopportabili per la moglie (una bravissima Gwyneth Paltrow). I baffi aiutano Deep a costruire il suo personaggio stravagante, e sono stati utilizzati dalla produzione per i cartelloni di promozione del film.  

Il regista David Koepp dirige con mano felice una commedia inglese vecchio stile, con un tris di co-protagonisti che affiancano Deep-Mortdecai in maniera molto divertente: l'immancabile maggiordomo, qui in versione piu' dedita all'azione che al servizio casalingo, interpretato alla grande da Paul Bettany; l'ispettore del servizio segreto britannico, da sempre innamorato della moglie di Mortdecai, interpretato da Ewan McGregor; e la moglie di Mortdecai, una Gwyneth Paltrow che trasuda stile britannico dalla prima all'ultima scena, ed e', insieme a Deep, il personaggio piu' divertente del film.  

La storia raccontata vede Mortdecai ed i co-protagonisti lanciati alla ricerca di un quadro di Goya scomparso, che dovrebbe riportare, sul retro della tela, dei numeri che sono la chiave per recuperare un tesoro nazista nascosto nelle banche   svizzere. Il film si svolge in varie citta, seguendo le peripezie che devono affrontare i personaggi, che ovviamente sono contrastati dai "cattivi" (un gruppo di terroristi ed un  mafioso russo).  

In tutte le sue interpretazioni Johnny Depp è riuscito a cambiare pelle utilizzando una capacita' istrionica innata e grandi capacita di camuffamento. Questa volta ad aiutarlo nell'incanto sono solamente due semplici baffi che, però, quasi magicamente, riescono non solo a catalizzare lo sguardo dello spettatore ma a trasformare il volto dell'attore in quello del suo personaggio. Inoltre, in questo film gli strumenti messi a sua disposizione non sono solamente estetici ma anche linguistici. Mortdecai e' infatti scolpito secondo il modello del dandy britannico dall'andamento elegante, la parlantina facile ed una naturale inclinazione alla mistificazione. Insomma un vero e proprio conquistatore dei giorni nostri che, seguendo le regole del galateo vecchio stile, tende a non sporcarsi mai le mani lasciando ad altri il piacere di portare a termine il lavoro sporco, aiutato dal suo efficientissimo "maggiordomo d'azione". 

Come ricordato il film, come il suo personaggio, prende spunto dall'attività letteraria di Kyril Bonfiglioli: la prima apparizione del mercante d'arte dissoluto e senza troppa moralità risale al 1972, divenendo protagonista di una serie di libri che lo hanno fatto diventare un  personaggio culto per la moderna letteratura umoristica inglese, sulla scia dei divertentissimi romanzi di P.G. Wodehouse.  

In conclusione, il film e' divertente e pieno d'azione, ed e' uno di quelli che si desidera rivedere, magari in DVD o BD (il principale parametro, per chi vi scrive, con cui giudicare se un film e' bello...). Consigliato per tutta la famiglia.

 

 
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Birdman
(di Technino)
 

Riggan Thompson (Michael Keaton) è una star che ha raggiunto un grandissimo successo cinematografico nel ruolo di Birdman, supereroe alato e mascherato. Ma la celebrità gli ha portato il fallimento del matrimonio con una donna che amava, una figlia ribelle che si e' dovuta disintossicare dalla droga in cui si era rifugiata per la mancanza di affetto del padre, e la sensazione di essere un attore insignificante, preda solo dello star system di Hollywood. 

Abbandonato il ruolo di Birdman per sua scelta, Riggan vuole dimostrare di essere anche un bravo attore. Impegna allora tutto il capitale guadagnato con i film per lanciarsi in una folle impresa: scrivere l'adattamento del racconto drammatico di Raymond Carver "Di cosa parliamo quando parliamo d'amore", e dirigerlo e interpretarlo in uno storico teatro di Broadway. Nell'impresa vengono coinvolti la figlia ribelle Sam (Emma Stone), appena uscita dal centro di disintossicazione, l'amante Laura (Andrea Risenborough), l'amico produttore Jake (Zach Galifianakis), Lesley, un'attrice alla sua prima esperienza a Broadway (Naomi Watts), e Mike, un attore di grande talento ma di pessimo carattere (Edward Norton).  

Il regista messicano Alejandro Gonzalez Inarritu (che ricordiamo per il film "21 grammi") utilizza una serie continua di piani sequenza per mettere a nudo l'animo di Riggan, con la cinepresa che segue il protagonista all'interno del teatro, nei corridoi e nel camerino, dove l'attore e' ossessionato dalla voce cavernosa del suo alter-ego Birdman, che gli ricorda quando era famoso ed apprezzato da tutti, mettendolo di fronte alle difficolta' che incontra per farsi apprezzare come attore in un ruolo diverso. L'occhio del regista segue anche Sam, la figlia di Riggan, che sembra non essere ancora uscita dai problemi della recente disintossicazione, la sua amante Laura, che sente che la relazione sta per finire, e Mike, con tutte le sue assurde fissazioni di attore, dotato pero' di grande talento. 

Fatta la premessa che si tratta di un bel film (testimoniato dal fatto che ha avuto 9 Nominations per l'Oscar del 2015, tra cui: miglior film, migliore regia, migliore sceneggiatura originale, migliore attore protagonista (Michael Keaton), migliore attrice protagonista (Emma Stone), migliore attore non protagonista (Edward Norton)), si deve pero' dire che talvolta scorre molto lentamente, appesantito da troppi dialoghi che potevano essere tagliati in fase di montaggio. Anche il finale, amaro, sembra costruito artificiosamente per dare alla pellicola un "tocco d'artista" a tutti i costi, anche se da un punto di vista logico mal si lega con le scene precedenti. 

In conclusione: il film e' da vedere, ma preparatevi ad una regia particolare, che potra' non piacere a tutti, e ad un finale amaro, volutamente artificioso. Il film non e' adatto ai bambini, malgrado il titolo: non ci sono supereroi, solo le debolezze dell'animo umano.

 
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Jupiter - Il destino dell’Universo
(di Technino)
 

Jupiter - Il destino dell'Universo, dei fratelli Wachowski di cui ricordiamo la trilogia di Matrix, e' un film di fantascienza rutilante di effetti speciali, un magnifico Luna-Park che sembra fatto apposta per sedurre gli appassionati del genere. Il film e' una mescolanza ambiziosa di generi e di suggestioni: la fantascienza avventurosa ed un po' fantasy, con un impatto visivo elaborato e potente e la porta aperta a un eventuale sequel. 

Jupiter rappresenta il primo soggetto totalmente opera dei Wachowski dai tempi della saga di Matrix: a differenza dei precedenti film (Speed Racer, ispirato ad un manga e Cloud Atlas, ispirato ad un romanzo), l'universo del film è stato qui creato integralmente dai due registi, che ne hanno sviluppato da soli lo script.  

Il difetto del film e' quello della mancanza di spessore del soggetto, che e' una cavalcata fra sparatorie ed azioni mirabolanti che poco si cura dell'esame psicologico dei personaggi: lo script non si sforza minimamente di creare empatia con i protagonisti, che vengono catapultati in una storia sentimentale talmente esile che si stenta a crederci. Ma se ci si limita all'azione pura, il film e' gradevole e si fa seguire con emozione. Channing Tatum e' un action-hero di spessore e Mila Kunis, con i suoi occhi misteriosi, riesce a catturare la nostra attenzione.  

L'universo costruito dai fratelli Wachowski ha un suo magnetismo, aiutato qui da un efficace uso del 3D. Il primo impatto dei due fratelli con la stereoscopia si rivela positivo: le finezze scenografiche e cromatiche che caratterizzano gli ambienti, l'insieme di motivi fiabeschi e fantasy, sono valorizzati dall'uso sapiente della profondita' delle riprese stereoscopiche. Si coglie, nelle oltre due ore del film, la volontà di sbalordire lo spettatore con una scenografia talmente spettacolare da togliere il fiato. 

Se vi piacciono i film di fantascienza di questo tipo, e date poca importanza all'esame psicologico dei personaggi ed all'empatia che possono quindi procurarvi, non rimarrete delusi da Jupiter: una cavalcata fantastica nell'immaginario che vi divertira'. 

 
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Turner
(di Technino)
 

Il film racconta gli ultimi 25 anni di vita del pittore inglese Joseph Mallord William Turner, un periodo in cui era già noto ed apprezzato in tutta l'Inghilterra. Il passaggio del tempo viene scandito dall'invecchiarsi del protagonista, con i capelli che diventano sempre piu' bianchi, senza dare altri riferimenti temporali alla storia: la vita di Turner è stata infatti priva di avvenimenti degni di nota e quasi esclusivamente segnata dalla costante e ininterrotta ricerca di nuove immagini, nuove idee, nuove ispirazioni.

Il regista  Mike Leigh ci fa conoscere un grande artista romantico, anche se lontano dagli immaginari tormentati di altri artisti dell'epoca: il pittore, interpretato in modo magistrale da Timothy Spall, è un uomo solitario e pensieroso, anche se gioviale nei rari momenti di compagnia con i colleghi, lontano dalla mondanità, dalla politica e dalla vita pubblica. E' un personaggio talmente brusco e poco socievole da comunicare per lo più con grugniti anziché con le parole, un personaggio con cui inizialmente si fa fatica a relazionarsi, ma la bravura di Timothy Spall (lo ricordate nella parte di Codaliscia in Harry Potter?) e la maestria del regista fanno in modo che durante il film si trasformi in una persona di cui si scopre anche una certa sensibilita' umana.

Pur concentrandosi quasi esclusivamente sul suo protagonista, Mike Leigh riesce a mostrarci, attraverso il suo sguardo curioso, le città e la campagna inglese, gli abitanti e la societa' in cui viveva il pittore, tratteggiando un'intera epoca in maniera arguta e viva. Il suo Turner è principalmente conquistato dalla natura, e poco interessato, se non addirittura seccato, dai rapporti umani: e' molto piu' attratto ed affascinato da novità ed invenzioni quali il treno e le barche a vapore, e infine la macchina fotografica, che vede addirittura come diretto successore della sua arte naturalista e paesaggistica.

Per essere un film che racconta di un pittore, i quadri, sebbene presenti, sono raramente al centro dell'inquadratura. La scelta, coraggiosa e vincente, di Leigh è quella di mostrarci i quadri di Turner prima ancora che vengano dipinti, attraverso lo sguardo del protagonista sui paesaggi, la sua attenzione per le luci, il fascino che su lui esercitavano alcuni colori. Tutto questo e' reso possibile dalla splendida fotografia di Dick Pope, che in alcuni momenti sembra letteralmente trasformare i dipinti in immagini in movimento.

In conclusione: il film e' un capolavoro, che ci fa entrare in un'epoca ricostruita perfettamente, in compagnia di un personaggio straordinario, un film per gli appassionati dell'arte di Turner, che sapranno apprezzarne la magnifica fotografia e la magistrale interpretazione di Timothy Spall. Un modo geniale del regista di avvicinarci all'opera del pittore puntando a suscitare emozione nello spettatore, piuttosto che tramite un arido resoconto storico della sua vita. Da non perdere.

 
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John Wick
(di Technino)
 

Con un action movie adrenalinico e iperrealista, segnato da una violenza fumettistica e da una mescolanza di registri, Keanu Reeves torna a un cinema più ludico, diretto con mano sicura dai due ex stunt Chad Stahelski e David Leitch

John Wick e' un action movie che segue le linee di tendenza che attualmente caratterizzano il genere: un'ambientazione urbana, un killer non piu' giovane, che e' uscito dal giro e vive un'esistenza innaturalmente tranquilla; una minaccia rappresentata da bande criminali organizzate; il "risveglio" del guerriero dormiente nel protagonista in seguito a un torto subito, che ne fa una macchina per uccidere spietata e quasi invincibile. 

Una delle caratteristiche del film è il suo iperrealismo, con una violenza fumettistica che stempera gli eventi drammatici e le sparatorie: il protagonista e i suoi nemici sembrano muoversi in un universo fantastico, dai contorni pulp, che rende in un certo senso più facile la sospensione dell'incredulità quando si assiste alle mirabolanti imprese del protagonista.  

Il carattere fantastico del soggetto trova comunque un suo contrappeso nella descrizione, schematica ma efficace, del personaggio interpretato da Reeves, mettendone in luce i tormenti dell'animo attraverso i ricordi di una relazione spezzata prematuramente dal destino: l'uso di brevissimi flashback, che ci fanno vedere il protagonista che aveva rinunciato per amore al suo passato violento, si alterna con la rappresentazione, nella prima parte del film, di una solitudine negli spaziosi interni di una casa vuota, illuminata da colori freddi, e nelle solitarie corse in auto con cui il personaggio di Wick cerca di lenire il dolore.

 

L'episodio che spinge Wick a tornare al suo "mestiere" di killer e' piuttosto semplice: l'ingresso in casa di malviventi e l'uccisione del cucciolo di cane regalatogli dalla compagna scomparsa, unico legame che ancora lo ancorava al suo amore scomparso ed all'umanita' da poco riscoperta. Reciso tale legame col passato recente, John Wick tornera' ad essere la macchina per uccidere che era stato: lo spietato killer che il mondo del crimine conosceva come l'"Uomo Nero". 

Il resto del film è una iperrealistica cavalcata sulle ali di una violenza spesso esagerata, con sparatorie, lotte corpo a corpo, uccisioni rapidissime ed un protagonista che unisce una buona resa nelle sequenze d'azione all'inevitabile mono-espressivita' che il personaggio richiede.

Combattono contro il redivivo Reeves una dark lady, interpretata efficacemente da Adrianne Palicki, un killer (Willem Dafoe) compagno di vecchie avventure, ed il cattivo di turno, un mafioso russo interpretato benissimo dall'attore svedese Michael Nyqvist, non nuovo a ruoli del genere (lo ricordiamo il Mission Impossible - Protocollo fantasma).

In conclusione: se amate gli action-movie questo non vi deludera'.
 
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The water diviner
(di Technino)
 

Australia, 1919. La Grande Guerra è terminata da un anno ma le sue devastanti conseguenze hanno lasciato ferite aperte fino all'altra parte del mondo: l'agricoltore e rabdomante Joshua Connor (Russell Crowe) ha perso tutti e tre i suoi figli durante la sanguinosa Battaglia di Gallipoli contro le forze turche, e nonostante siano passati ormai quattro anni, vive ancora tormentato dal loro ricordo e dalla loro perdita. Spinto da una promessa fatta alla moglie, l'uomo decide di intraprendere un viaggio disperato fino in Turchia alla ricerca dei corpi dei tre figli con l'intento di riportarli a casa. 

In una Costantinopoli ancora sconvolta dal conflitto, Joshua trova un aiuto inatteso contro gli ostacoli della burocrazia, non solo nella bella Ayshe (Olga Kurylenko), che gestisce l'hotel in cui alloggia, ma soprattutto nell'eroe di guerra turco Hasan (Yilmaz Erdogan), un tempo nemico ed oggi legato a lui e agli alleati nella condivisione di un tragico destino di perdita e di morte che non conosce schieramenti. 

Russell Crowe sceglie, per il suo esordio dietro la macchina da presa, di riaprire una delle pagine più sentite e dolorose legate alla storia del suo paese natale. La Battaglia di Gallipoli rimane uno degli episodi più tragici e sanguinosi della Grande Guerra, con stime di oltre mezzo milione di perdite tra alleati australiani e neozelandesi: ancora oggi il 25 Aprile in Australia e Nuova Zelanda viene celebrato l'ANZAC (Australian and New Zealand Army Corps) Day, la più sentita commemorazione in memoria delle vittime cadute in battaglia.

Australiani e neozelandesi entrarono in guerra come alleati degli inglesi, che nella Battaglia di Gallipoli li utilizzarono come carne da macello per un diversivo che doveva favorire lo sbarco degli inglesi nei Dardanelli. Sia Australia che Nuova Zelanda non avevano mire espansionistiche, ma vedevano l'alleanza con gli inglesi ed il contributo alla guerra come primo passo verso la legittimazione di una propria autonomia e identità nazionale. 

 

Il cinema australiano aveva gia' trattato il tema drammatico della Battaglia di Gallipoli (ricordiamo Gli anni spezzati di Peter Weir), ma con The Water Diviner Crowe per la prima volta racconta la storia anche dalla parte dei turchi, che pagarono un enorme tributo in termini di vite e di dispersi, anche superiore a quello degli australiani e neozelandesi. Poi sposta l'attenzione dall'evento bellico vero e proprio a quelle che sono state le sue umane conseguenze, concentrandole nell'intimità della singola storia di un padre e dei suoi figli; con uno sguardo fatto non più di orgoglio e di nazionalismo, ma di reciproca compassione e soprattutto di perdono e riconciliazione.  

Il soggetto, scritto dallo sceneggiatore australiano Andrew Anastasios, prende spunto dal piccolo frammento di una lettera del colonnello Cyril Hughes (realmente esistito e interpretato da Jai Courtney), a capo della Imperial War Graves Commission, incaricata dell'identificazione dei caduti e della predisposizione dei cimiteri di guerra: "Un vecchio è riuscito ad arrivare qui dall'Australia per cercare la tomba di suo figlio".  

Il film unisce eventi bellici con il dramma familiare, ed e' per questo originale rispetto all'iconografia bellica tradizionale. Crowe regista mantiene sempre alto il ritmo della narrazione, che e' molto avvincente, ed il Crowe attore si cala perfettamente nella parte del protagonista, con una recitazione misurata ed ispirata (si vede che l'attore "sentiva" la parte). 

Bellissima la fotografia dell'australiano Andrew Lesnie, che gia' ci aveva fatto vedere la sua abilita' in Lo Hobbit, Un viaggio inaspettato.

Nel film trova posto anche la speranza di un nuovo amore che, fra le tante scene realistiche di guerra, troviamo sia stato bello inserire per rinfrancare lo spirito dello spettatore.  

In conclusione, un'ottima prima prova di regia per Russell Crowe, che unisce anche questa dote a quelle, ormai note, di grande attore. Consigliato.

 

 
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Big Eyes
(di Technino)
 

Big Eyes, il nuovo film di Tim Burton, pone al centro della storia un dramma familiare che analizza i complessi rapporti tra un marito e una moglie. Walter e Margaret Keane, coppia di pittori i cui dipinti che ritraevano figure di bambini dai grandi occhi divennero un fenomeno di massa tra il 1960 e il 1970.

Sebbene fosse Margaret la vera autrice dei quadri, Walter si impossessò della sua arte, spacciandola per propria e sfruttando la sua capacità come venditore e le sue intuizioni commerciali per costruirci attorno un impero, varcando i confini delle gallerie d'arte e dando il via allo sfruttamento delle riproduzioni delle opere su carta stampata.

Il regista si mette al servizio della storia senza la sua tipica deriva visionaria (a parte la scena in cui Margaret, travolta dall'inganno in cui è intrappolata, inizia a vedere le donne al supermercato con gli stessi Big Eyes delle sue opere). Big Eyes non è un nuovo grande film di Tim Burton per quello che i suoi estimatori possono aspettarsi. E' però un buon lavoro, che sa raccontare una vicenda che ha i suoi punti di interesse, non rinunciando ad usarla come veicolo per alcuni messaggi importanti.  

Burton pone l'accento sulla mercificazione dell'arte lasciando scorrere la sua camera sui macchinari intenti a stampare copie su copie dei celebri dipinti dagli occhi grandi della Keane. Più volte, nel corso della pellicola, l'autore sottolinea questo aspetto e si chiede cosa sia realmente l'arte, spostando sui Keane una riflessione applicabile anche alla sua stessa opera, nel chiedersi se l'apprezzamento da parte del grande pubblico la renda automaticamente di scarso valore.

Non è però l'unica riflessione che accompagna il racconto della relazione privata e commerciale tra i due Keane, che con il loro dramma sono anima e corpo di Big Eyes: il regista li usa anche come mezzo per raccontare il matrimonio e le relazioni interpersonali, nonché la figura della donna nel periodo storico che fa da sfondo alla vicenda, grazie all'intensa prova di Amy Adams nel dar vita ad una figura complessa e realistica con le sue fragilità ed il suo estro artistico (la bravissima attrice fa centro ancora una volta: dopo l'Oscar vinto l'anno scorso con American Hustle e' candidata per il Golden Globe per questo film). Le fa da contraltare Christoph Waltz, che interpreta la parte odiosa del marito con tutta la "verve" di cui e' capace l'attore che vinse l'Oscar nella parte dello spietato tedesco in Bastardi senza Gloria di Tarantino (anche lui candidato al Golden Globe per questo film). 

In conclusione: Big Eyes e' un film che forse deludera' gli appassionati del "tradizionale" Tim Burton, ma e' una storia ben raccontata, che prende spunto da un fatto veramente accaduto e che ha diversi motivi di interesse, non ultima la bella interpretazione dei due protagonisti.

 
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The Imitation Game
(di Technino)
 

Seconda guerra mondiale. L'Inghilterra e' soggetta ai bombardamenti della Germania di Hitler ed i convogli di navi degli alleati vengono attaccati dagli U-Boat tedeschi, con gravissime perdite di mezzi e di vite umane.

Tutti gli ordini di attacco vengono trasmessi dal comando tedesco dopo essere stati criptati con una macchina detta "Enigma", un complicatissimo sistema meccanico che puo' avere 169 milioni di milioni di milioni di combinazioni, con un codice di decriptazione che viene cambiato ogni giorno.

Il compito di decriptare il codice Enigma viene affidato ad un pool di matematici, che sara' guidato da Alan Turing, un genio straordinario ma asociale, chiuso in se stesso e nel suo mondo di numeri.  

Il film racconta la sua storia in tre piani temporali: quello del 1927, che mostra un Turing adolescente, timido e vittima di bullismo, che si appassiona alla crittografia grazie all'unico amico Christopher, con cui sviluppa nel tempo un rapporto sempre più profondo; quello del 1939 quando, brillante neolaureato, viene assunto dall'esercito inglese col compito di decriptare i codici della macchina  Enigma; e quello del 1952 quando Turing, che era omosessuale, per una legge dell'ottocento sulla pubblica decenza mai abrogata dal parlamento inglese, fu condannato alla prigione o alla castrazione chimica. Turing, che non poteva vivere senza lavorare per migliorare il suo prototipo di computer, scelse quest'ultima: dopo un anno dall'inizio del "trattamento", con il corpo devastato dalle dosi ormonali eccessive e con il cervello che ne risentiva e non riusciva piu' a ragionare con la solita genialita', si diede la morte dando un morso ad una mela avvelenata con il cianuro.   

Sembra incredibile, ai giorni nostri, che un paese che doveva a Turing, che riusci' a decifrare il codice Enigma, di aver abbreviato la guerra di almeno due anni salvando milioni di vite, lo abbia poi ripagato in modo cosi' orribile. Come ulteriore vergogna per il suo paese, la sua storia e' stata tenuta segreta per tutti questi anni ed e' venuta a galla solo oggi, dopo che la Regina Elisabetta lo ha "riabilitato" concedendogli la grazia postuma.... 

Il regista norvegese Morten Tyldum riesce a regalarci un bellissimo film, che interroga la società moderna sul tema dei diritti, sugli orrori e le lacerazioni di un conflitto, su una società "civile" che, ancora nel 1952, aveva leggi barbare e sulla sua capacità di essere un modello per gli altri paesi.  

La storia, grazie alla sceneggiatura di Graham Moore, e' raccontata in modo molto avvincente, ed il film si giova di un cast di gran livello su cui spicca la prova maiuscola di Benedict Cumberbatch,  che rivela un'aderenza pressoché totale al personaggio. Lo sguardo obliquo, gli occhi ora inquisitori ora persi in territori sconosciuti, l'inquietante capacità di essere, nello stesso momento, sul posto e altrove: impressiona la sua abilità nel modulare i diversi registri della recitazione, il controllo nel gestire i momenti più umoristici disseminati nel film, la capacità di rendere, nelle sequenze finali, tutta la portata tragica del suo destino imposto.  

In conclusione, un film che sara' tra i sicuri canditati all'Oscar come miglior film e migliore attore protagonista, con grandi probabilita' di aggiudicarsi entrambi i premi.

 
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Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate
(di Technino)
 

Finisce con questo film la trilogia di The Hobbit, e sentiamo un po' di nostalgia....Le avventure raccontate da Peter Jackson (che non ha resistito alla tentazione di farsi vedere, alla Hitchcock, all'inizio del film) finiscono qui e la Terra di Mezzo con tutti i suoi fantastici personaggi finisce nella storia del cinema.

Sei film, un'impresa immane, il plauso incondizionato di critica e pubblico per i tre titoli de Il signore degli anelli, i tredici Oscar per Il ritorno del re, e poi le difficoltà produttive e creative per raccontare in tre film (come gli alti costi di produzione richiedevano) il piccolo libro dello Hobbit.

Ma Peter Jackson ce l'ha fatta: questo terzo ed ultimo episodio si apre con l'attacco del possente Drago alla citta' di Pontelagolungo, ridotta in fiamme in pochi passaggi radenti. Sembra tutto perduto, ma l'arciere Bard tenta di colpire il Drago con una Freccia Nera nel punto in cui gia' era stato colpito in passato.....il resto del film e' quasi tutto incentrato sulla battaglia tra le orde degli orchi del Negromante-Sauron e le armate riunite di Nani, Elfi ed abitanti di Pontelagoscuro per evitare che la resa di Erebor.

E' palese che, vista alla fine del suo corso, The Hobbit sia una trilogia minore rispetto a quella de Il signore degli anelli (un singolo film sarebbe stato a maggior ragione un progetto minore e irrealizzabile per gli alti costi di produzione), ma un Peter Jackson ispirato e pieno di passione per i romanzi di Tolkien realizza ancora una volta il miracolo di tenerci incollati allo schermo liberando la nostra fantasia: la battaglia che si vede nel film e' piena di scene di grande spettacolarita' e non fa rimpiangere quelle epiche viste nel Signore degli Anelli; bravo tutto il cast di attori, ormai affiatatissimi ed entrati perfettamente nei rispettivi personaggi, con una menzione speciale per Richard Armitage, un Thorin Scudodiquercia che riesce a convincere sia nelle scene d'azione che in quelle drammatiche.

Quest'ultimo film appartiene a Thorin allo stesso modo in cui il primo apparteneva a Gollum ed il secondo a Smaug, con la voce suadente ed allo stesso tempo agghiacciante di Benedict Cumberbatch. 

Dopo essere stato posseduto dall'avidita' generata dai miasmi lasciati ad Erebor dal malefico Drago, Thorin ritrova il senso dell'onore e della solidarieta' nei confronti degli amici e dei consanguinei, divenendo il catalizzatore per spingere al limite il coraggio di tutti i personaggi.

Nel suo terribile duello finale con Azog, capo degli orchi, che affrontera' brandendo la leggendaria Spada di Orcrist, forgiata dagli elfi di Gondolin, andra' incontro al suo destino ed alla sua leggenda. Il film, attaverso una grandiosa successione di salvataggi, sacrifici, gesti eroici e generosi, ci conduce ad un finale contemplativo, in cui Bilbo ritorna a casa con l'Anello misterioso strappato a Gollum, e scrive le sua avventure.....

Ci mancherai Terra di Mezzo!

 

 
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